Premio della critica: le motivazioni
Dal Teatro La Cucina di Milano al borgo di Gualtieri, un itinerario teatrale che ha segnato tanto i territori attraversati quanto l’esistenza umana dell’interprete. Mario Perrotta si rivela (forse anche a sé stesso) non solo il teatrante a tutto tondo già noto, attore/autore/regista, ma anche organizzatore di complessi eventi di massa e perfino valente artista visivo in grado di fondere gesto, parola e segno grafico. Nel restituire vita al pittore “matto” della Bassa, paga anche un debito di riconoscenza verso lo sceneggiato Rai che gli fece incontrare da ragazzo la figura di Ligabue. Perrotta riallaccia qui i legami con i temi già visitati dell’emarginazione e dell’esclusione sociale e per ampliarli e approfondirli adotta ancora una volta, dopo la Trilogia sull’individuo sociale, la forma del progetto tripartito. Sviluppa dunque temi ricorrenti (primo fra tutti il rapporto tra creatività e isolamento dell’artista) nell’arco di tre stazioni articolate tra loro in un crescendo via via più impegnativo ed emozionante: monologo, spettacolo di prosa e danza, e un insieme di tre indimenticabili percorsi site-specific, con riprese e intermissioni analoghe ai sensi delle variazioni in una sinfonia orchestrale. Col valore aggiunto di mettere al proprio fianco oltre ai compagni di scena dell’ITC Teatro, drammaturghi o interpreti, anche altri talenti tra i più rilevanti del teatro nazionale e della musica d’oltre confine.